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I principi del Modello Umbrella

Primo principio: rinforzo positivo, sociale e naturale

Il nostro intervento comportamentale si impegna a stabilire stimoli sociali come rinforzi efficaci, perché la motivazione verso stimoli sociali nei bambini è fondamentale. Tuttavia, nei bambini a sviluppo atipico l’attenzione verso gli stimoli sociali non è sempre ben accolta, e spesso potrebbe ridurre la loro attenzione e provocare reazioni avversive. Questo ci porta ad applicare un approccio del tipo «prima l’interesse – dopo l’abilità», quindi occorre impiegare parte del tempo di intervento nello stabilire stimoli sociali come rinforzi efficaci.

Sappiamo che i comportamenti insegnati nel loro contesto naturale e mantenuti dalla loro conseguenza naturale tendono a incrementare la loro probabilità di mantenimento, di aumentare la motivazione del bambino e di accelerare l’acquisizione di abilità. L’approccio «prima l’interesse – dopo l’abilità», ci permette di sfruttare le possibilità dell’insegnamento in ambiente naturale, superando l’avversità verso gli stimoli sociali: ci impegniamo prima a stabilire l’efficacia di rinforzi sociali e conseguenze naturali e poi ad insegnare i comportamenti rilevanti riguardanti queste specifiche conseguenze. In parole povere, significa che se gli stimoli sociali possono essere condizionati come rinforzi, e se comportamenti sociali rilevanti vengono insegnati utilizzando questi rinforzi sociali nel contesto di attività di validità sociale, questi comportamenti possono essere sviluppati e mantenuti in maniera naturale.

Secondo principio: il concetto di motivazione

La voglia di condividere del tempo con qualcuno corrisponde al livello di motivazione. Generalmente un bambino avrà voglia di condividere del tempo con un’altra persona, se sa che con quella persona passa del tempo piacevole (che non significa soltanto divertirsi). Quindi, il livello di motivazione del bambino è un fattore cruciale da monitorare nel corso della terapia. Infatti, i bambini che si divertono, almeno qualche volta con i loro terapisti, con una maggiore probabilità dimostreranno un atteggiamento collaborativo e motivato. La cosa interessante è che lo stesso discorso vale anche per i terapisti, infatti i terapisti che si divertono, almeno qualche volta, con i loro bambini, con una maggiore probabilità tenderanno a impegnarsi di più nell’insegnamento e nel mantenere un atteggiamento positivo verso di loro.

In questo contesto assumono particolare importanza le establishing operation o le motivating operation, che sono antecedenti che secondo contingenza a quattro termini sono in grado di aumentare o diminuire la forza con cui lo stimolo sarà in grado di evocare i comportamenti desiderati. Questo vuol dire che per avere un bambino motivato durante la terapia, è importante che il livello di motivazione a fare una specifica attività sia sufficientemente alto e questo può avvenire solo se si è in grado di giudicare la motivazione a fare quell’attività. Ad esempio, anche se il bambino normalmente ama colorare, un giorno specifico questa attività potrebbe non essere usata come rinforzo perché il bambino ha passato tutta la mattina a scuola a colorare. Anzi, generalmente è bene non insistere, ma piuttosto concentrarsi sulla reazione del bambino per capire il livello di motivazione, ed eventualmente cambiare attività che permetterebbe di avere un bambino motivato e di raggiungere lo stesso obiettivo.

Terzo principio: programmazione flessibile e socialmente valida

Noi difendiamo un tipo di approccio alla programmazione flessibile e multidimensionale che non si basa sulla riproduzione di procedure in maniera univoca perché “così si fa da sempre e funziona”. Una buona programmazione dovrebbe sicuramente basarsi sulla conoscenza delle tecniche standard, verificate da anni di ricerca e da relative evidenze di efficacia. Tuttavia, la ricerca e la conseguente efficacia, nonostante siano un sine qua no, non potranno mai rappresentare la realtà nella sua complessità. Questo vuol dire che la ricerca per ora non riesce a rappresentare in toto tutte le variabili possibili che possono agire in un determinato contesto. Per questo motivo, crediamo sia fondamentale essere flessibili dato che nessun programma funzionerà per ogni bambino. In generale, consigliamo di non essere in maniera assoluta concentrati su determinati aspetti del processo istruzione, per non incappare in situazioni che non porteranno a risultati, ad esempio: rispettare categoricamente l’ordine delle attività in agenda, utilizzare troppo o troppo poco rinforzi estrinseci all’attività stessa, applicare un prompt troppo veloce, troppo intrusivo, troppo costante senza permettere autonomia, investire poco nello sviluppo di rinforzi sociali e naturali.

L’operatore dovrebbe si conoscere e sapere applicare le procedure standard, ma dovrebbe anche sapere leggere la circostanza specifica, notare le reazioni del bambino e la sua motivazione, se non lo fa, molto probabilmente l’apprendimento fallisce o subisce un netto calo.

Quarto principio: relazioni adulto-bambino equilibrate

Una buona programmazione delle attività dovrebbe prevedere un buon equilibrio fra attività di gioco dirette dagli operatori ed attività dirette dal bambino. Infatti, le attività dirette dagli operatori permettono di migliorare la cooperazione, mentre le attività dirette dal bambino permettono di mantenere e sviluppare l’interesse sociale nel bambino stesso. Per questo motivo la maggior parte dei programmi si trova in un punto di equilibrio fra i due estremi. Noi crediamo che la programmazione dell’intervento per ogni bambino abbia bisogno di alcune attività dirette dal bambino e di altre dirette dagli operatori: le prime consentono un po’ di autodeterminazione del bambino stesso e aiutano gli operatori a sviluppare la capacità di valutare la motivazione del bambino; le seconde consentono in primo luogo di fornire un riscontro con la vita “reale”, durante la quale si è comunemente sottoposti a richieste altrui. Questo quarto principio si fonda su una considerazione essenziale: non possiamo fare quello che vogliamo, quando vogliamo. Certo è, che un bambino mai coinvolto in attività dirette dagli operatori, sarà anche un bambino che in vacanza al mare con la propria famiglia non accetterà di buon grado che tutta la famiglia voglia fare una gita e lui no, oppure che tutta la famiglia voglia uscire dalla piscina, ma lui no.

Quinto principio: il pairing è utile solo se si sviluppa verso un controllo istruzionale

Avere controllo istruzionale vuol dire aver guadagnato la volontà del bambino di seguirci nelle nostre decisioni su come vorremmo che si svolgesse la nostra interazione in un dato momento. Il controllo istruzionale è alla base di qualsiasi interazione diretta dall’adulto, e per ottenerlo prima di tutto dovremmo riuscire ad associarci alla consegna del rinforzo e, in secondo luogo, dovremmo aver sviluppato una storia specifica con il bambino in cui abbiamo rinforzato la collaborazione con le nostre istruzioni e direttive. Questa associazione la si può ottenere tramite il pairing, cioè il principio comportamentale secondo il quale quando due stimoli vengono presentati costantemente insieme, il valore percepito di uno stimolo influenzerà il valore percepito dell’altro. In poche parole, il bambino si impegnerà nei comportamenti richiesti per stare con noi, perché ha imparato ad associare noi a qualcosa di piacevole, cioè ad oggetti ed attività da lui preferite.

Tuttavia, spesso capita che il bambino, nonostante si sia instaurato un rapporto di collaborazione, grazie ad un buon pairing, si mostri poco collaborativo e quindi decidiamo di ricominciare con il pairing. In realtà, quello che spesso si dimentica di includere nello sviluppo della collaborazione, è il fading-in delle richieste, cioè il rinforzare la collaborazione con le nostre istruzioni e direttive, che viaggia sempre insieme al pairing.

Dobbiamo quindi cercare di disegnare programmi di intervento in cui le procedure applicate incrementino il valore rinforzante dei setting di insegnamento e delle interazioni con gli altri, e le seguenti strategie possono venire in nostro aiuto:

-Restrizione del rinforzo durante le attività di apprendimento: stabilire la contingenza

nell’avere accesso a stimoli rinforzanti finché vengono manifestati comportamenti desiderati. –Pairing: il 75% delle interazioni deve essere riservato al divertimento. In particolare, occorre stabilire che il 75% delle interazioni divertenti avvengano dopo un comportamento collaborativo con una nostra richiesta semplicissima.

-Coerenza: si deve decidere quando è il momento dello svago libero e quando è il momento in cui si vuole che il bambino ci segua. In quest’ultimo abbiamo bisogno di “fare quello che diciamo”, cioè una volta espressa una richiesta dobbiamo portarla a termine.-

Rinforzo positivo, intermittente e variato: occorre dimostrare che dal seguire le richieste si trae beneficio, non è pesante e porta a una serie di conseguenze positive. Siamo attenti a non chiedere al bambino che cosa vuole prima di formulare la richiesta, perché si punta alla collaborazione indeterminata.

Miniconseguenze o CMO-R (Reflexive Conditioned Motivating Operation): permettono di insegnare che l’ignorare le istruzioni, o dimostrare dei comportamenti inadeguati, non risulta in un rinforzo positivo, senza la necessità di applicare procedure coercitive.

Sesto principio: implementazione cross-setting (la cooperazione fra casa, centro e scuola)

In tutti i casi, il caregiver non è solo presente in casa, ma il trattamento viene mediato dal genitore, che è il diretto fornitore di supporto all’apprendimento. Il terapista fornisce parent training, osservazioni dirette e registrate del genitore che interagisce con lo studente, e approfondisce le necessità di supporto alla famiglia sia durante le supervisioni a casa sia durante gli incontri di parent training al centro. Il modello UBM non prevede una strutturazione specifica dell’«area di lavoro» in casa, piuttosto si concentra sulla programmazione dell’équipe, dei materiali e degli ambienti coinvolti per favorire maggiormente la generalizzazione. Per garantire un buon ambiente lavorativo nel setting casa, è fondamentale definire spazi funzionali e personali, che permettano di lavorare insieme ai genitori sulle competenze di partecipazione fondamentali. Naturalmente, appena il bambino progredisce nelle sue acquisizioni di competenze funzionali, qualsiasi ambiente o elemento precedentemente tolto deve essere gradualmente re-inserito, per avvicinare il più possibile il livello naturale di distrazione caratteristico di un ambiente naturale di apprendimento, come casa, scuola o qualsiasi altro ambiente non controllato. È fondamentale per l’apprendimento dei nostri bambini che venga implementata una quantità considerevole di sessioni di trattamento nei vari ambienti di casa per una serie di motivi. Primo, questo è decisivo per la generalizzazione. Secondo, tante abilità devono essere semplicemente apprese negli ambienti in cui si manifestano abitualmente. Per abilità come vestirsi, lavarsi i denti, farsi un panino, apparecchiare o per il toilet training, non è appropriato un apprendimento isolato in un setting terapeutico diverso dall’ambiente naturale in cui avvengono. Terzo, è molto importante che i nostri bambini imparino a interagire e partecipare alle attività proposte dall’ambiente sotto condizioni naturali, inclusi gli stimoli meno preferiti e in condizioni di potenziale distrazione. Sessioni di insegnamento in ambienti altamente controllati impediscono questo tipo di processo evolutivo.

Settimo principio: il coinvolgimento dei genitori

L’inclusione del genitore e di altri componenti della famiglia è un elemento chiave nell’elaborazione di un programma d’intervento efficace. Infatti, il loro coinvolgimento è essenziale per lo sviluppo degli obiettivi target e del curriculum delle abilità cui mira l’intervento. I genitori sono una fonte continua di informazioni sul bambino, rispetto ai deficit e alle difficoltà comportamentali sperimentate.

Tuttavia, per poter stabilire un rapporto terapeutico di successo con i genitori non è sufficiente applicare un programma di parent training pieno di strategie efficaci.

1)In primis è importante stabilire aspettative chiare con loro durante il progresso iniziale della presa in carico, grazie alle quali viene informato approfonditamente sull’intervento comportamentale e su cosa deve aspettarsi quando l’intervento procede e il bambino cresce rispetto alle varie tappe dello sviluppo.

2)Inoltre, considerando che il coinvolgimento del genitore è fondamentale, occorre chiarire sin da subito la necessità di una partecipazione attiva all’interno dell’intervento.

3)Prima di implementare un programma di parent training, il clinico dovrebbe consultarsi con i genitori per poter identificare gli specifici bisogni della famiglia, per stabilire delle priorità e per definire la volontà di partecipare. Spesso, i genitori che non sono disposti alla partecipazione attiva hanno bisogno della dimostrazione dell’efficacia del training prima di decidere di impegnarsi. Piuttosto che continuare a cercare di convincere i genitori elencando i potenziali benefici per la vita familiare, il clinico dovrebbe far osservare i genitori e dimostrare come delle specifiche strategie influenzino positivamente i comportamenti del loro bambino.

Ottavo principio: il curriculum comprensivo

Al fine di considerare i deficit e i punti di forza unici di ognuno dei nostri studenti, è essenziale utilizzare curriculum comprensivi basati su evidenze scientifiche che permettano due cose: sia di essere personalizzati in base ai bisogni individuali del caso, sia di fornire un sistema di monitoraggio dello sviluppo delle competenze durante l’intervento. Poiché l’obiettivo ultimo di un intervento comportamentale è di insegnare un livello di competenze comparabile a quello presente nei coetanei, lo sviluppo di un curriculum deve identificare le abilità presenti nei bambini che seguono una traiettoria di sviluppo neurotipico. Nel modello UBM seguiamo il seguente approccio: identifichiamo, basandoci sulle aree dello sviluppo contenute nei sistemi di assessment, le aree d’apprendimento «interessanti», nucleari e pivotali per ogni bambino e cerchiamo di filtrare le potenziali azioni suggerite sia dall’assessment stesso, sia da studi scientifici sulle procedure che si sono dimostrate efficaci nell’insegnamento delle competenze target. Poi esaminiamo gli strumenti indicativi dello sviluppo neurotipico per determinare le tappe evolutive che comunemente vengono raggiunte prima della dimostrazione dell’obiettivo target e infine cerchiamo di disegnare programmi individualizzati. Questo approccio ci ha fornito negli anni gli strumenti per strutturare dei percorsi decisionali che facilitino il movimento fra assessment e curriculum. Il curriculum comprensivo e quindi la programmazione dell’intervento UBM hanno una cornice di nove domini di apprendimento curricolari:

  1. Preparazione all’apprendimento
  2. Sociale
  3. Motorio
  4. Comunicazione
  5. Gioco
  6. Adattivo
  7. Cognitivo
  8. Scolastico
  9. Funzioni esecutive.

Ognuna di queste aree di apprendimento è suddivisa internamente in domini che vengono successivamente organizzati e dettagliati per poterli includere in un piano di intervento. Una volta completata la valutazione delle abilità di apprendimento scelta per il bambino, il clinico seleziona l’ultima abilità emergente per ogni singola area di apprendimento e sceglie, in base agli interessi del bambino e le informazioni ottenute da parte dei genitori, gli obiettivi target che sono prerequisiti per abilità più complesse. Gli obiettivi contenuti nei programmi di intervento UBM forniscono un elenco di competenze necessarie per svolgere questo specifico programma. Se i prerequisiti per un determinato obiettivo target mancano, l’obiettivo viene mantenuto in stand by mentre si lavora sulla scioltezza del prerequisito. Cercare di insegnare un’abilità target che risulta troppo difficile viene spesso confuso con la mancanza del prerequisito, quando in realtà non sono la stessa cosa.

Nono principio: raccolta dati come mezzo responsabile di decision-making

I dati sono generalmente poco amati da tanti operatori e genitori ma in realtà sono centrali per una serie di ragioni.

Prima di tutto, la raccolta accurata dei dati è una parte fondamentale per ogni intervento comportamentale di alta qualità per bambini con ASD. Infatti, il tratto caratteristico degli interventi basati sui principi dell’analisi comportamentale è che ogni procedura implementata, per poter essere mantenuta attiva come tale, debba essere sottoposta a una verifica rispetto alla sua efficacia. In secondo luogo, solo i dati permettono di rendersi conto dell’efficacia e dell’efficienza di un certo intervento. Senza dimenticare che ogni procedura implementata deve essere modificata e aggiustata continuamente per poter mantenere la sua efficacia. Inoltre, la terapia richiede di prendere decisioni cliniche ogni singolo giorno e queste decisioni devono essere guidate da dati e non da impressioni. Infatti, il giudizio clinico, l’esperienza e le intuizioni sono chiaramente rilevanti, ma non possono sostituire il ruolo dei dati durante i processi decisionali.

Decimo principio: monitoraggio dei progressi e controllo di qualità attraverso tutte le fasi del trattamento

I contesti in cui comunemente viene svolto il monitoraggio dei progressi sono diversi e consistono in: osservazioni durante sessioni di terapia, incontri regolari con lo staff e consultazioni con i genitori. Secondo il modello UBM si consiglia un minimo di 2 ore di team meeting al mese per ogni bambino. Durante il team meeting, si discutono le attività didattiche attuali, le strategie per elaborare ed espandere abilità recentemente apprese e i modi per modificare le procedure di insegnamento con le quali si evidenziano difficoltà. Mensile, il supervisore di riferimento, effettua una osservazione (2 ore al mese) del bambino durante la terapia e, basandosi anche sui dati inseriti nel logbook, e nei grafici elettronici, prende decisioni circa i criteri di masterizzazione, gli obiettivi target da introdurre, da continuare o da sospendere, i materiali da utilizzare, le modifiche nelle procedure di prompt, ecc. Le ore dedicate alla supervisione del bambino possono aumentare al bisogno, ad esempio a volte il supervisore svolge più di un’osservazione al mese se necessario. Tale bisogno viene definito in base all’entità del problema o dei problemi evidenziati durante il team meeting. Tenendo sempre a mente che Il problem solving continuativo costituisce l’impegno maggiore del lavoro in supervisione, e quindi la gestione delle problematiche, e il superamento delle difficoltà, è pane quotidiano per il supervisore, non si può pensare di realizzare un programma di terapia immaginando che questo continui senza intoppi o senza problemi, per questo è importane aggiornarsi costantemente.  Le principali problematiche sulle quali ci si trova a confrontarsi sono durante i team meeting sono le seguenti:

-La motivazione per il rinforzo, che è il motore di un intervento comportamentale. Quando la motivazione di un bambino va a scemare e i rinforzi sembrano poco efficaci, la prima cosa da controllare è se lo staff effettua frequentemente e in maniera appropriata degli assessment di stimoli preferiti.

-L’integrità procedurale, cioè la continuità con cui viene implementato un intervento. Una delle più comuni barriere all’apprendimento negli interventi comportamentali è l’implementazione di procedure pianificate in maniera incoerente. La soluzione in questo caso è il controllo della compatibilità dei dati. In generale, si consiglia di verificare l’accordo fra più osservatori (Interobserver agreement; IOA), durante il quale due operatori prendono i dati in parallelo lavorando sulla stessa presa dati dello stesso bambino nelle stesse condizioni. Se i dati raccolti non si sovrappongono per almeno un 90%, l’équipe ha bisogno di discutere al meglio le definizioni dei criteri e delle topografie da registrare.

– Considerazione dei dati narrativi, cioè la descrizione delle abilità dei nostri bambini ricevute dai rispettivi genitori mentre descrivono quello che il bambino fa e non fa.

-Le Occasioni di apprendimento insufficienti, le quali possono ostacolare l’apprendimento stesso, nonostante la procedura sia efficace. Questo avviene spesso quando l’abilità in questione è complessa o difficile per il bambino, oppure quando la procedura è nuova per l’operatore o quando la richiesta evoca dei comportamenti dirompenti. Infatti, oltre al tempo necessario per l’esecuzione, alcuni obiettivi ne richiedono molto.

-La gestione dello staff è importante. È più facile focalizzarsi sulla programmazione dell’intervento, piuttosto che sulla supervisione dello staff, ma per quanto una procedura possa essere dettagliata, perfettamente studiata e individualizzata, è solo il terapista che permette l’apprendimento di una data abilità; quindi, la gestione dello staff è importante quanto la programmazione dell’intervento.

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